Breve commento
Il racconto “Le due gemelle”, tipico esempio di possessione spiritica dei bambini di campagna, esposti a questo pericolo per la convivenza in ambienti rurali ove, a detta di tutti gli anziani del luogo, si praticava aborto e infanticidio alla nascita, con occultamento di feti e corpicini appena venuti alla luce nei muri delle case. Frutto di scappatelle e tradimenti di ogni tipo soprattutto nel periodo bellico e fino a quando non venne legalizzato l’aborto .
Il racconto più lungo "La bella gioventù" narra dei primi dieci anni di vita a Roma di un ragazzo emigrato dalla Calabria nei primi anni settanta con tutte le difficoltà e le speranze di un adolescente.
"Una giornata a pesca," breve metafora sulla pericolosità della verità in alcune situazioni esistenziali poco chiare all’occhio di un osservatore esterno.
"Crisi mistica", una versione della vita che non fa piacere a chi occupa cattedre e scranni d'ogni tipo e titolo; ma essenziale perché e la vita dei comuni mortali privi del vaccino contro le infezioni più pericolose e perciò esposta a un numero sempre crescente di contagi pericolosi nell'ignoranza e nella più totale indifferenza d’illuminati e dottori. Da ciò nasce che l'uomo qualunque si salva come può.
"Gita al lago" un attimo fuggente di puro campanilismo verso le bellezze naturali dell'altopiano Silano, sempre nello stile canzonatorio e semplice che ormai contraddistingue anche le sviolinate isteriche sul proprio stato, tipiche dell'uomo qualunque.
"Corso " dove in veloce sintesi sono esposti i primi rudimenti per apprendere la nobile arte di curare con le mani, sempre infusi di ricordi e vaticini sulla missione e vocazione del maestro.
"Il fico maledetto". altro racconto ispirato al soprannaturale nel perfetto stile vigente nelle campagne di quaggiù.
Chiude la raccolta Colpo di fulmine. Breve spaccato sull’immani e impensabili tragedie che a volte capitano nella vita.
I racconti narrati nella presente opera sono frutto di fantasia e ogni riferimento a fatti e persone realmente accaduti è puramente casuale
mercoledì 18 marzo 2009
venerdì 6 marzo 2009
EDIZIONI MONTAG, la mia casa editrice
qui è dove potrete trovare "Piccole Perle" edizioni montag, collana Le Fenici
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libro.prima edizione
venerdì 27 febbraio 2009
Piccole Perle; parte di un racconto
Piccole perle, vieni a scoprire la serie leggendo in anteprima parte di un racconto della serie che sta facendo impazzire il web. Piccole perle, l'antologia più reclamizzata della rete, da libero a facebook, msn e windows live, Piccole Perle...
Colpo di fulmine (prima parte)
Don Vicè tallonato dal fido aiutante, varcò la soglia della casupola abbandonata. I segni del tempo erano evidenti, nelle lunghe crepe nei muri, negli irreali cespugli di fico nati fra le fessure del muro tirato su a creta e pietra arenaria. Stonacati all’interno chiazzati di muffa e dall’improbabile mano di pittura che ancora riusciva a dare tenui bagliori di cielo fra le chiazze verderame dei licheni. Senza ombra di dubbio, quella una volta era stata una accogliente casa di contadini. Diverse tegole erano rotte, spezzate dal peso della neve e dal ghiaccio, e tante spade luminose sembravano penetrare nel pavimento in cemento, gruvierato ben benino dall’incuria di chi l’aveva abbandonata. l’abitazione era composta da due camere attigue, separate da un’altra porta socchiusa come potè notare; una vecchia porta di castagno piallata a mano da un artista d’altri tempi. Da dove erano entrati invece mancava e un bandone di lamiera messo a lato era tutto ciò che ricopriva l’uscio. Giovanni da dietro toccò il maestro, al gomito, sussurrando; - guardate, c’è il fuoco acceso nell’altra stanza, sicuramente la vecchia ci sta aspettando. Sentite nulla nell’aria? – l’acchiappafantasmi si guardò attorno, con fare circospetto, però niente, l’occhio dormiente non dava segni di vita -. – su Giovà, apri quella porta -. Il giovane con un piede spinse in avanti quelle quattro tavole cigolanti; l’anziana donna era seduta d’avanti il camino, aveva acceso un focherello messo insieme alla meglio, sterpaglia e qualche asse caduta dal controsoffitto a calce, antica maestria dei contadini. Altre sedie erano sparpagliate per la stanza, ne scelsero un paio fra quelle che sembravano più sane e andarono a sedere accanto alla donna, una vecchia conoscenza. – allora signora Mirta, perché mi hai fatto venire in questa bicocca? – ma quale bicocca don Vicè! Questa è la casa del povero maritu miu, l’aveva costruita da solo con le sue mani forti apposta pe mia. Non sono stata sempi accussì grossa sapete -. Improvvisamente l’uomo sentì un groppo in gola, e la sete aumentò – Giovà porta la medicina-.
Il ragazzo uscì sbuffando, diretto alla vecchia Ford; - sempre la stessa storia, è li calmo e tranquillo, poi strabuzza l’occhiaccio da pazzo e grida che vuole la medicina -.
Un quarto di buon vino rosso, tre quarti acqua, un pizzico di sale, due fette di limone della piana di Sibari che don Vicè trangugiò quasi di un fiato, attingendo dalla mistura nuove energie, sperando di far così emergere il mistero di quella casa. Al momento brancolava nel buio. Iniziò ad avere il sospetto che Mirta gli stava solo facendo perdere tempo, magari per un pò di compagnia, sapeva infatti lo stato di abbandono e solitudine in cui versavano molti anziani, mal sopportati dai loro parenti solo a causa delle pensioni e di qualche buono fruttifero in posta da poter sfruttare di nascosto dagli altri pretendenti.
- continuo a non capire, non c’è niente di niente. Se qualcuno ti ha fatto qualcosa, non l’ha certo nascosta qui. Altrimenti me ne sarei accorto. Vero Giovà? – vero, anche se quando la signora parlava del marito, notai il vostro occhio socchiudersi -. Alludeva all’occhio dormiente, sempre chiuso ma sensibilissimo a qualunque traccia di paranormale, magia o altro. La vecchia li guardava tutta sorridente, ma continuava a tacere il motivo per cui li aveva invitati; allorché l’acchiappafantasmi si spazientì: - Ti decidi a dirmi cosa c’entra tuo marito, so che sono molti anni che è morto. Cosa c’entra lui con questa convocazione? – finalmente si decise, - don Vicè, hai detto bene, mio marito è morto che sono cinquanta anni, proprio in questa stanza, come oggi. Era mezzogiorno quando rientrò dal campo, aveva zappato tutta la mattina… - emise un lungo sospiro, la donna piangeva sconsolata- erano quattordici mesi che eravamo sposati, e avevamo una bambina appena nata. Mangiò in silenzio la zuppa che gli avevo preparato -
Tirò su col naso e si asciugò le lacrime con un fazzolettino ricamato, - sapete mio marito era un bel pezzo d’uomo, coraggioso e forte, dal carattere allegro e giocoso. Non aveva paura di niente, ma quel giorno era strano, respirava appena e delle lacrime ogni tanto, gli scappavano dagli occhi. Finito di mangiare prese la bimba e ci giocò qualche momento, ogni tanto se la stringeva forte al petto, infine andò a metterla nella culla, tornò da me e mi chiese di coricarci. Ero inebetita, mentre godeva piangeva, sempre in silenzio senza un fiato o un lamento. Lo pregavo di dirmi qualcosa, di quel suo comportamento assurdo. Lui si alzò, senza rispondermi e andò a sbarrare la porta e le finestre. Alla fine andò a sedersi al centro della stanza, e volle che andassi anche io. Nel frattempo la bimba si era svegliata e piangeva; così la presi in braccio e andai a sedere al suo fianco, mentre allattavo la piccola, che tenevo fra le braccia…- scoppiò in lacrime, con singulti, rumorose soffiate di naso. Don Vicè impietosito da quel comportamento le allungò la caraffa col rimanente della medicina – su bevine un goccio, ti farà bene – i due uomini la osservavano in silenzio, un po’ in ansia per l’epilogo di quella strana vicenda. Mirta riprese il suo allucinante viaggio nel passato; - mi svegliai una mattina nel letto di un ospedale, dei medici mi assistevano frenetici, riempiendomi di punture e flebo. Era trascorso un mese disse mia zia, venutami a trovare dopo due giorni dal risveglio. Tutti mi parlavano rassicuranti, e le infermiere erano gentili ma nessuno di loro mi diceva nulla. Tranne che avevo avuto un incidente e ero andata in coma.
Colpo di fulmine (prima parte)
Don Vicè tallonato dal fido aiutante, varcò la soglia della casupola abbandonata. I segni del tempo erano evidenti, nelle lunghe crepe nei muri, negli irreali cespugli di fico nati fra le fessure del muro tirato su a creta e pietra arenaria. Stonacati all’interno chiazzati di muffa e dall’improbabile mano di pittura che ancora riusciva a dare tenui bagliori di cielo fra le chiazze verderame dei licheni. Senza ombra di dubbio, quella una volta era stata una accogliente casa di contadini. Diverse tegole erano rotte, spezzate dal peso della neve e dal ghiaccio, e tante spade luminose sembravano penetrare nel pavimento in cemento, gruvierato ben benino dall’incuria di chi l’aveva abbandonata. l’abitazione era composta da due camere attigue, separate da un’altra porta socchiusa come potè notare; una vecchia porta di castagno piallata a mano da un artista d’altri tempi. Da dove erano entrati invece mancava e un bandone di lamiera messo a lato era tutto ciò che ricopriva l’uscio. Giovanni da dietro toccò il maestro, al gomito, sussurrando; - guardate, c’è il fuoco acceso nell’altra stanza, sicuramente la vecchia ci sta aspettando. Sentite nulla nell’aria? – l’acchiappafantasmi si guardò attorno, con fare circospetto, però niente, l’occhio dormiente non dava segni di vita -. – su Giovà, apri quella porta -. Il giovane con un piede spinse in avanti quelle quattro tavole cigolanti; l’anziana donna era seduta d’avanti il camino, aveva acceso un focherello messo insieme alla meglio, sterpaglia e qualche asse caduta dal controsoffitto a calce, antica maestria dei contadini. Altre sedie erano sparpagliate per la stanza, ne scelsero un paio fra quelle che sembravano più sane e andarono a sedere accanto alla donna, una vecchia conoscenza. – allora signora Mirta, perché mi hai fatto venire in questa bicocca? – ma quale bicocca don Vicè! Questa è la casa del povero maritu miu, l’aveva costruita da solo con le sue mani forti apposta pe mia. Non sono stata sempi accussì grossa sapete -. Improvvisamente l’uomo sentì un groppo in gola, e la sete aumentò – Giovà porta la medicina-.
Il ragazzo uscì sbuffando, diretto alla vecchia Ford; - sempre la stessa storia, è li calmo e tranquillo, poi strabuzza l’occhiaccio da pazzo e grida che vuole la medicina -.
Un quarto di buon vino rosso, tre quarti acqua, un pizzico di sale, due fette di limone della piana di Sibari che don Vicè trangugiò quasi di un fiato, attingendo dalla mistura nuove energie, sperando di far così emergere il mistero di quella casa. Al momento brancolava nel buio. Iniziò ad avere il sospetto che Mirta gli stava solo facendo perdere tempo, magari per un pò di compagnia, sapeva infatti lo stato di abbandono e solitudine in cui versavano molti anziani, mal sopportati dai loro parenti solo a causa delle pensioni e di qualche buono fruttifero in posta da poter sfruttare di nascosto dagli altri pretendenti.
- continuo a non capire, non c’è niente di niente. Se qualcuno ti ha fatto qualcosa, non l’ha certo nascosta qui. Altrimenti me ne sarei accorto. Vero Giovà? – vero, anche se quando la signora parlava del marito, notai il vostro occhio socchiudersi -. Alludeva all’occhio dormiente, sempre chiuso ma sensibilissimo a qualunque traccia di paranormale, magia o altro. La vecchia li guardava tutta sorridente, ma continuava a tacere il motivo per cui li aveva invitati; allorché l’acchiappafantasmi si spazientì: - Ti decidi a dirmi cosa c’entra tuo marito, so che sono molti anni che è morto. Cosa c’entra lui con questa convocazione? – finalmente si decise, - don Vicè, hai detto bene, mio marito è morto che sono cinquanta anni, proprio in questa stanza, come oggi. Era mezzogiorno quando rientrò dal campo, aveva zappato tutta la mattina… - emise un lungo sospiro, la donna piangeva sconsolata- erano quattordici mesi che eravamo sposati, e avevamo una bambina appena nata. Mangiò in silenzio la zuppa che gli avevo preparato -
Tirò su col naso e si asciugò le lacrime con un fazzolettino ricamato, - sapete mio marito era un bel pezzo d’uomo, coraggioso e forte, dal carattere allegro e giocoso. Non aveva paura di niente, ma quel giorno era strano, respirava appena e delle lacrime ogni tanto, gli scappavano dagli occhi. Finito di mangiare prese la bimba e ci giocò qualche momento, ogni tanto se la stringeva forte al petto, infine andò a metterla nella culla, tornò da me e mi chiese di coricarci. Ero inebetita, mentre godeva piangeva, sempre in silenzio senza un fiato o un lamento. Lo pregavo di dirmi qualcosa, di quel suo comportamento assurdo. Lui si alzò, senza rispondermi e andò a sbarrare la porta e le finestre. Alla fine andò a sedersi al centro della stanza, e volle che andassi anche io. Nel frattempo la bimba si era svegliata e piangeva; così la presi in braccio e andai a sedere al suo fianco, mentre allattavo la piccola, che tenevo fra le braccia…- scoppiò in lacrime, con singulti, rumorose soffiate di naso. Don Vicè impietosito da quel comportamento le allungò la caraffa col rimanente della medicina – su bevine un goccio, ti farà bene – i due uomini la osservavano in silenzio, un po’ in ansia per l’epilogo di quella strana vicenda. Mirta riprese il suo allucinante viaggio nel passato; - mi svegliai una mattina nel letto di un ospedale, dei medici mi assistevano frenetici, riempiendomi di punture e flebo. Era trascorso un mese disse mia zia, venutami a trovare dopo due giorni dal risveglio. Tutti mi parlavano rassicuranti, e le infermiere erano gentili ma nessuno di loro mi diceva nulla. Tranne che avevo avuto un incidente e ero andata in coma.
domenica 15 febbraio 2009
piccole perle
FINALMENTE è nata la mia opera, una intrigante raccolta di racconti raccolti in una pratica e comoda antologia reperibile in rete presso il sito della casa editrice Edizioni Montag e sempre in rete sul portale IBS e distribuito in libreria dalla EdiQ distribuzioni su oltre duecento negozi in italia. per qualsiasi domanda non esitate a contattarmi lupizone@yahoo.it
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